Ottava tappa: apriamo il rubinetto dei certificati d’investimento

Ben ritrovati in questo nuovo episodio. Il nostro viaggio ci porta oggi alla scoperta dei certificati d’investimento. Per capire insieme cosa sono e come possono aiutarci nel costruire il nostro portafoglio, partiamo, come sempre, da un esempio. Immaginate di essere davanti al rubinetto della vostra cucina e di fare un gesto molto comune: muovete la maniglia ed iniziate a far scorrere l’acqua. Ecco, i certificati d’investimento funzionano allo stesso modo: sono strumenti che proprio come il nostro rubinetto dipendono da un’altra attività, in finanza chiamata sottostante, che incide sul loro comportamento. Come capiremo fra poco, esistono diversi tipi di certificati, ognuno con uno scopo ben preciso, utile per raggiungere un obiettivo nel nostro portafoglio di investimenti.

Per comprendere meglio, ripartiamo dall’esempio della nostra cioccolata, già utilizzato negli episodi precedenti. Quando abbiamo parlato di azioni, ci siamo detti che comprando un’azione acquistiamo quote di quella società e che il nostro obiettivo è capire quanta cioccolata siamo in grado di vendere e se i guadagni saranno più alti dei costi per produrla. Ci siamo detti anche che si tratta di un investimento rischioso perché, nel caso peggiore, possiamo anche perdere tutto quello che abbiamo investito. Vi starete chiedendo: cosa c’entrano i certificati in tutto questo? Semplice, un certificato può utilizzare come sottostante proprio la nostra azione e magari riuscire a proteggere alla scadenza il nostro capitale. Cerchiamo di capire meglio questo punto, ritornando al nostro esempio. Per la nostra cioccolata possiamo prestare i nostri soldi alla società che li produce, cioè comprare una obbligazione; possiamo scegliere di diventare soci e quindi comprare azioni; oppure possiamo comprare un certificato d’investimento che abbia come sottostante quella società. Perché farlo e soprattutto quale è il vantaggio nello scegliere un certificato?

Partiamo dalla protezione del capitale. A seconda del certificato che scegliamo, possiamo avere una protezione totale o parziale del capitale. Nel primo caso siamo certi, ad esclusione del fallimento dell’emittente come visto nelle obbligazioni, che alla scadenza riavremo il nostro capitale. Nel secondo, cioè un certificato parzialmente protetto, alla scadenza (o quando previsto dal certificato) si dovrà guardare come si è mosso il nostro sottostante. Torniamo al nostro esempio per capire meglio. Abbiamo comprato il nostro certificato che è legato alla nostra società di cioccolata con protezione del capitale a scadenza ad un livello del 90%. Cosa significa di preciso? Semplice, qualche giorno prima di poter essere acquistato o venduto sul mercato, chi emette il certificato verifica il prezzo dell’azione. Immaginiamo par a 1 euro per la nostra società. Da quel momento in poi questo prezzo diventa il riferimento per la nostra protezione. Se alla scadenza l’azione vale almeno 90 centesimi, cioè ha perso al massimo il 10%, scatta la nostra protezione e il capitale ci viene rimborsato per intero. E se l’azione è scesa di più del 10%? In quel caso (escludiamo per semplicità alcuni certificati più complessi), per capire quanto ci verrà rimborsato dobbiamo verificare quanto ha perso l’azione. La nostra perdita seguirà quella dell’azione. È chiaro, quindi, che più bassa è la protezione del capitale, maggiore è il nostro rischio. Vi starete chiedendo: e quali sono i guadagni per il mio certificato? Anche qui ci sono tante tipologie diverse, le più comuni sono 2: la prima, utilizza ogni anno il prezzo di 1 euro fissato all’inizio e, proprio come una obbligazione, ci paga una cedola se il prezzo non è sceso. Ogni anno alla data di verifica, il prezzo iniziale di 1 euro viene confrontato con il prezzo attuale dell’azione. Se non è sceso, avremo la nostra cedola; un’altra tipologia molto comune è quella che invece rimanda alla scadenza il nostro guadagno, ci fa cioè partecipare al guadagno dell’azione entro una certa percentuale. Ad esempio può prevedere che il nostro guadagno sia pari al 20% della crescita dell’azione. Nel nostro esempio se alla scadenza l’azione sarà salita del 50%, il nostro guadagno sarà pari al 10% (cioè il 20% del 50% di guadagno).

Fermiamoci ad osservare il paesaggio. Abbiamo capito che i certificati d’investimento dipendono da un sottostante, che possono prevedere la protezione totale o parziale del capitale e che i guadagni possono essere delle cedole oppure la partecipazione al guadagno, sempre del sottostante, calcolata alla scadenza.

Quando, dunque, acquistare un certificato? Un primo obiettivo può essere quello di cercare di ottenere delle protezioni maggiori del capitale.  Con un certificato, ad esempio, posso provare ad investire su una azione senza rischiare l’intero capitale. Posso anche scegliere di affiancare il certificato all’acquisto del sottostante perché credo che l’azione salirà ma voglio aver comunque un margine di protezione. Le strutture dei certificati, poi, sono talmente diverse tra loro che è possibile adattarle ai diversi scopi nel proprio portafoglio, dalla protezione alla diversificazione passando all’obiettivo di generare maggior rendimento contenendo però il rischio. Ecco, qualcuno si starà chiedendo perché dovrei acquistare un certificato con cedole non certe, invece che una obbligazione. Come ci siamo detti, la maggior incertezza è solitamente riconosciuta sul mercato con rendimenti più alti, cioè con cedole più alte. Acquistare il certificato poi, ci consente di aumentare la nostra diversificazione perché possiamo scegliere tra le tante alternative quella che meglio si adatta al nostro portafoglio, cioè che possa muoversi in modo diverso dai restanti strumenti che già abbiamo.

Come avrete intuito sono tante le tipologie di certificato presenti, alcune più complesse e che richiedono qualche strumento in più nel nostro zaino. Proprio per le numerose alternative presenti nel mondo dei certificati e per non rendere troppo complesso cercare di capire come funzionano, divideremo questo argomento in due parti. Piccola sosta, dunque, per ripartire nel prossimo episodio con la seconda tappa in cui approfondiremo ancora i certificati d’investimento.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *