Sedicesima Tappa: in coda per una obbligazione

Ben ritrovati, in questa nuova tappa del viaggio approfondiremo la scoperta delle obbligazioni. Abbiamo imparato insieme a conoscere le obbligazioni a tasso fisso, passando poi a quelle a tasso variabile per gestire meglio le variazioni dei tassi d’interesse. Proprio nell’ultimo episodio ci siamo detti che spesso le obbligazioni a tasso variabile sono legate a delle formule. Ecco, ripartiamo da qui, come sempre, con un esempio. Immaginate di essere in un’auto e, per via del caldo, di accendere il climatizzatore. Di solito ci sarà una leva da azionare o un pulsante per decidere come e con che intensità direzionare l’aria. Ecco, le formule per calcolare le cedole nelle nostre obbligazioni funzionano allo stesso modo. Si parte da una percentuale fissa ed a questa è sommata la parte variabile. Più i tassi aumentano, maggiore è l’intensità dell’aria che ci rinfresca. Noi stiamo meglio ed anche il nostro portafoglio. In auto, poi, c’è sempre un livello massimo che non possiamo superare per il nostro climatizzatore. Lo stesso vale per l’obbligazione: la parte fissa verrà sommata a quella variabile fino ad un certo massimo, indicato sempre nella scheda dell’obbligazione. Noi dobbiamo stare attenti a queste 2 parti. Quella fissa non deve essere troppo bassa, perché non sappiamo cosa accadrà in futuro e questa è l’unica parte certa. Quella variabile, invece, deve avere un massimo a tal punto alto da consentirci davvero di rinfrescarci dal caldo, cioè da avere un guadagno abbastanza alto quando i tassi salgono. Qualcuno si starà chiedendo: come faccio a capire se quello che leggo per la parte fissa e variabile va bene? Semplice, qualsiasi obbligazione a tasso variabile può sempre essere confrontata con una obbligazione simile a tasso fisso. Cosa significa simile? Una obbligazione che abbia almeno la stessa scadenza, magari emessa dalla stessa società o da una società dello stesso settore, se possibile con la stessa affidabilità (come abbiamo capito quando abbiamo parlato di azioni). In questo modo saremo abbastanza sicuri che le nostre cedole variabili compensino il rischio in più che ci stiamo prendendo. Questo perché noi rinunciamo alla certezza di un tasso fisso, solo se davvero abbiamo l’opportunità di guadagnare di più nel tempo. Se non riusciamo a valutare bene questa differenza, meglio affidarci a una obbligazione a tasso fisso o, come detto, a fondi ed etf che si occupano di selezionarle per noi.

Proseguiamo lungo il sentiero per parlare ancora delle scadenze. Fino ad ora ci siamo detti che quando compriamo una obbligazione dobbiamo scegliere una scadenza che sia in linea con i nostri obiettivi. In questo modo quando il prezzo della nostra obbligazione scende avremo la tranquillità di aspettare la scadenza. Se abbiamo ben scelto a chi prestare i nostri soldi, dobbiamo solo aspettare per riaverli. Lungo il sentiero, però, può capitare di inciampare, quindi dobbiamo tenere gli occhi ben aperti. Ci sono infatti alcune obbligazioni che sono richiamabili dall’emittente. Vi starete chiedendo, ma cosa significa? Semplice, prevedono sin dall’inizio, in particolari date, la possibilità per chi ha emesso l’obbligazione di farla scadere in anticipo. Qualcuno starà pensando: poco male, riprendo prima i miei soldi. Anche se può sembrare una situazione positiva, in realtà, dobbiamo ricordarci che quando abbiamo pianificato il nostro portafoglio, abbiamo scelto le diverse scadenze per ogni obiettivo. Se il rimborso avviene in anticipo noi dobbiamo cercare sul mercato una obbligazione con le stesse caratteristiche e con una durata pari agli anni che ci mancano al nostro obiettivo. Questo non è molto facile, anche perché spesso chi emette l’obbligazione cerca di chiuderla in anticipo quando le cedole che ci sta pagando sono più alte di quelle che altre obbligazioni simili stanno dando, ad esempio perché nel frattempo i tassi d’interesse sono scesi. Per rispettare i nostri obiettivi, quindi, sempre meglio avere delle scadenze certe. Anche dover reinvestire ad un tasso più basso è un rischio che, se possiamo, cercheremo di evitare.

Prima di fermarci ad osservare il paesaggio, una piccola sosta per chiarire un aspetto importante. Fino ad ora ci siamo limitati a parlare delle obbligazioni come un prestito che una società (o uno stato) richiede a chi le sottoscrive. Ci siamo detti anche che prima di scegliere l’obbligazione dobbiamo capire a chi stiamo prestando i nostri soldi. Ecco, quando acquistiamo una obbligazione dobbiamo essere attenti anche a capire se si tratta di una obbligazione ordinaria o subordinata. Ma cosa significa di preciso? Quando compriamo una obbligazione ordinaria, sappiamo che in caso di fallimento di chi l’ha emessa, saremo tra i primi creditori ad essere rimborsati. Questo significa che anche in una situazione complicata come quella del fallimento, abbiamo delle buone probabilità di recuperare i nostri soldi. E le obbligazioni subordinate? Cerchiamo di capire come funzionano con un esempio. Immaginate di essere in coda davanti ad un negozio che vende un nuovo smartphone in promozione. Ci sono tante persone che vorrebbero acquistarlo, ma solo pochi pezzi a disposizione. I primi riusciranno ad ottenere il loro smartphone, proprio come per il rimborso delle nostre obbligazioni ordinarie. Gli altri si metteranno in coda sperando di riuscire a raggiungere l’obiettivo. Proprio come in una coda, poi, le obbligazioni subordinate sono di vario tipo. Le meno sicure, cioè chi è in fondo alla coda, sono quelle che presentano il rischio più alto. Prima di scegliere una obbligazione, dunque, leggiamo bene il tipo di obbligazione nella scheda. Delle cedole più alte spesso, come abbiamo già detto, sono collegate a rischi maggiori.

Prima di concludere anche questa tappa, aggiungiamo un altro strumento nel nostro zaino: le obbligazioni convertibili. Cosa sono? Torniamo nel nostro negozio per capire meglio. Capita di acquistare un prodotto, non essere soddisfatti e di poterlo cambiare. Lasciamo il nostro acquisto, aggiungiamo l’eventuale differenza di costo e ritiriamo il nuovo prodotto. Ecco, le obbligazioni convertibili funzionano allo stesso modo. Quando le compriamo ci viene offerta la possibilità, in determinate date ed a condizioni già decise, di poterle convertire in azioni della stessa società. Quindi, entriamo nel negozio ed acquistiamo una obbligazione. Ci torniamo dopo qualche giorno e la sostituiamo con una azione. Abbiamo già parlato della differenza tra questi strumenti, soprattutto per quanto riguarda il rischio. Al momento dell’acquisto, di solito queste obbligazioni ci daranno delle cedole più basse di quelle ordinarie proprio perché ci offrono una possibilità in più. Prima di convertirle, però, dobbiamo ricordarci che stiamo per trasformarle in azioni: possibili guadagni più alti ma soprattutto rischio più alto. Diventeremo soci della nostra società che produce cioccolata. Prima di farlo dobbiamo essere sicuri che ne venderemo tanta.

Siamo giunti così al termine anche di questa tappa del viaggio. Piccola sosta per rilassarci, pronti a ripartire con un nuovo episodio dedicato alle azioni.


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